Domenica della Dedicazione del Duomo
15 Ottobre 2023
IV Settimana Diurna Laus
15 ottobre 2023: Festa del Duomo
Il Duomo di Milano
“Il Duomo di Milano, simbolo della Città e una delle cattedrali più maestose della Cristianità, con il suo tripudio di guglie che si slanciano verso il cielo, ha una storia lunga e affascinante che prese avvio nel lontano 1386, epoca in cui Milano era dominata dai Visconti.
Nessun autore contemporaneo descrive un preciso “atto di nascita”, ma numerosi documenti riportano la demolizione della vecchia chiesa di Santa Maria Maggiore e l’avvio dei lavori per la cattedrale: “del popolo” per alcuni – che attribuiscono l’iniziativa esclusivamente ai cittadini e all’Arcivescovo, per i quali erigere una chiesa monumentale, tale da mettere in ombra tutte le altri grandi chiese della regione, avrebbe dimostrato la centralità e la perdurante potenza della metropoli ambrosiana –, di Gian Galeazzo Visconti per altri, che testimoniano come egli non tardò a manifestare il proprio interesse e a dare il proprio importante appoggio, cercando di condizionare l’attività del cantiere. Nel tempo la storia del Duomo è pure la storia dei rapporti di potere tra i diversi protagonisti: l’arcivescovo, i papi, una cittadinanza fiera, i diversi signori della città e le maestranze e gli artisti.
E’ certa la data della consacrazione dell’altare maggiore e l’evento così vien descritto nella cronaca di uno dei redattori dei registri della Fabbrica: “Domenica 16 ottobre (1418), ossia la festa per la dedicazione della chiesa, giorno in cui il santissimo in Cristo padre dei padri e il beatissimo signore, signor papa Martino V, dopo aver consacrato il nuovo altar maggiore, sito nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Milano, lì celebrò la prima messa ad alta voce, alla presenza dei suoi presbiteri, cardinali e molti altri prelati, nobili, cavalieri e notabili, borghesi e parrocchiani di questa città, in numero di più di ottantamila (?) all’incirca alla sedicesima ora (le 10.30 del mattino, secondo il computo attuale) senza che nessuna di queste persone abbia corso rischi e pericoli, grazie all’aiuto di Dio e a quello della Sua gloriosa Madre alla quale questo nobile e ammirevole tempio è dedicato”.
Allora, oggi e domani continui la storia del “nostro” Duomo!
don Serafino
21 ottobre in Duomo
"Cuori ardenti, piedi in cammino"
Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno Papa Francesco ha scelto un tema che prende spunto dal racconto dei discepoli di Emmaus, nel Vangelo di Luca (24, 13-35): “Cuori ardenti, piedi in cammino”.
Attraverso l’esperienza di questi due discepoli che, nell’incontro con Cristo risorto, si trasformano in attivi missionari, Papa Francesco richiama prima di tutto il valore della Parola di Dio per la vita dei battezzati: “La conoscenza della Scrittura è importante per la vita del cristiano, e ancora di più per l’annuncio di Cristo e del suo Vangelo”. “Gesù infatti è la Parola vivente, che sola può far ardere, illuminare e trasformare il cuore”.
In un altro passaggio il papa sottolinea l’importanza dell’Eucaristia: “Occorre ricordare che un semplice spezzare il pane materiale con gli affamati, nel nome di Cristo, è già un atto cristiano missionario. Tanto più lo spezzare il Pane eucaristico – che è Cristo stesso – è l’azione missionaria per eccellenza, perché l’Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”.
Comunicato dalla Diocesi
Veglia missionaria e Redditio Symboli Sabato 21 ottobre in Duomo, alle 20.45, l’Arcivescovo presiederà una celebrazione in cui si uniranno 2 momenti tradizionali per la Chiesa ambrosiana: la Veglia missionaria e la Redditio Symboli.
L’unificazione di questi 2 momenti risponde al desiderio di trasmettere anche alle nuove generazioni il significato profondo che spinge i missionari a testimoniare lo spirito del Vangelo. Nel corso della Veglia, che precede la Giornata Missionaria Mondiale di domenica 22 ottobre, mons. Delpini consegnerà il Crocifisso, simbolo del Mandato, ai missionari in partenza per diverse aree del mondo. Saranno anche accolti in Diocesi sacerdoti, consacrate e consacrati provenienti da varie aree del mondo.
Durante la celebrazione un gruppo di giovani ambrosiani, perlopiù 19enni, consegnerà nelle mani dell’Arcivescovo, in occasione della Redditio Symboli, la “Regola di Vita”: sono lettere che ognuno di loro ha scritto indicando gli impegni che intende assumere per crescere in un cammino di fede. Un percorso ispirato anche all’esempio di chi è inviato a testimoniare la fede in realtà povere e critiche degli altri continenti.
L’invito alla partecipazione alla Veglia è esteso a tutti i giovani, anche a quanti tra loro non consegneranno la Regola di Vita, e ai loro educatori.
IL CANTICO di FRATE SOLE
“Un anno prima di morire, Francesco passò un periodo di circa 50 giorni, tra marzo e aprile del 1225, a san Damiano, la prima chiesina rustica restaurata, il primo convento-tipo, il non-luogo dove tutto ebbe inizio. (..)
Francesco era ormai quasi cieco, molto debole, devastato dai dolori, tormentato dalla malaria e da febbri altissime; mangiava poco e dormiva pochissimo, anche perché lì a san Damiano veniva di continuo infastidito dai topi. Sul volto portava una vistosa benda per proteggersi dalla luce del sole che gli trafiggeva gli occhi. Sul capo portava un “berrettone” di pelle ricoperto della stessa stoffa del saio fatto di vile sacco.
Eppure proprio a Frate Sole, che “porta significatione” dell’Altissimo onnipotente bon Signore, Francesco volle riferirsi in uno dei suoi ultimi lirici scritti. Un “Cantico” che nasce al buio ma che ugualmente risplende di un indicibile “gaudio di chi è e resta meravigliato allo spettacolo della creazione”.
La preghiera-canto di Francesco ha una sua netta distintività, dirompente per l’epoca e per la cultura bassomedievale: non è scritto in latino, come di prassi, bensì una composizione in lingua italiana, meglio in volgare umbro. “Il Cantico di frate Sole, il primo fiore della poesia italiana fu concepito da Francesco nel suo idioma nativo perché vuole parlare a tutti, anche agli ultimi, agli illetterati, ai poveri. Il mercante convertito vuole rivolgersi a chi non conosce altra lingua che quella materna, ovvero la lingua volgare italica, la lingua popolare, per essere così accessibile a tutti”. (..)
Il “Giullare di Dio” parla con la sua lingua d’uso comune, con l’idioma di chi lo ascolta per strada, nei campi, nelle piazze delle città nascenti e dei borghi sempre più attivi. Nel Cantico di frate Sole è Lui che parla e si esprime spontaneamente, liberamente, profondamente tenero, per ringraziare il Signore della bellezza del creato, delle Sue creature in cui Francesco vedeva riflessa la grandezza di Dio.
Non vi è nel “Serafico” una venatura per così dire ecologistica, che oggi taluni ostinatamente vogliono vedere “attualizzando” Francesco. Nel Poverello vi è solo la consapevolezza che tutto è frutto della volontà generatrice di Dio e che quindi tutto e tutti sono collegati tra loro da un rapporto inclusivo di fratellanza”.
Raimondo Murano
da “Frate Francesco. Semplice, idiota, piccolo” (pag. 209-215)
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